Riflessione su una relazione funzionante.

Ho sempre ripetuto a me stessa e anche agli altri che per vedere se una relazione funziona bisogna pesare quanto si sta bene e confrontarlo con quanto si sta male.
Aveva senso per me che in una relazione felice, appunto, bisognava essere più felici che altro;
ma mi sono sempre fermata in superficie rispetto a questi due concetti così ampi e profondi, come il concetto di male e di bene. Non voglio ora aprire un dibattito, o dilungarmi sul significato stesso di queste parole cosi generalizzate e ricche di fraintendimenti, voglio solo porre una lente di ingrandimento sul “male” e sul”bene” nella relazione.
Chi ha sviluppato un occhio acuto e una curiosità verso la vita, e quindi verso se stesso, si accorge presto di quanto il dolore sia strettamente necessario e funzionale alla crescita umana, da non confondere con la sofferenza che è il prolungamento del dolore e non è in alcun modo funzionale alla crescita.
Dunque in una relazione di un certo grado di profondità arriva il momento di affrontare aspetti oscuri di noi che l’altro, fungendo da specchio e da lente di ingrandimento ci fa emergere, e molto spesso se non sempre fa molto male. Qui nascono i litigi e le discussioni, due specchi si toccano a vicenda le parti più recondite, mai guardate, dolorose, traumatiche della loro vita, questo processo avviene affinché non siano più nascoste e non viste ma vengano alla luce e siano guardate, amate, risolte, integrate, trasmutate e funzionali alla nostra luce. Se siamo capaci di prenderle con amore, di aver quell acutezza ne prenderci la responsabilità di guardarci, allora questo dolore nella relazione diventa enormemente utile e sacro.
Altrimenti ci accorgeremo dopo molto tempo di fare le stesse discussioni, avere ancora gli stessi problemi , e con tristezza ci rendiamo conto che non ci siamo mossi di una virgola.
Sono dell’idea che c’è bisogno di tempo per alcune discussioni per evolversi e sbiadire, ma tra l’una e l’altra deve esserci un leggero cambiamento che indica l’avanzamento della questione, altrimenti si sbatte la testa contro un muro, un cambiamento non necessariamente visibile all occhio esteriore ma visibile e tangibile per il nostro occhio interiore.
Questi “problemi” ( direi che è un ottima definizione visto che il problema è sempre un opportunità per andare avanti) di coppia indicano la crescita della relazione, se i problemi cambiano si evolvono crescono con voi sono diversi, significa che la relazione anche si sta evolvendo e crescendo; se rimaniamo incastrati in circoli viziosi e ci accorgiamo che da anni ricadiamo nelle stesse dinamiche, nelle stesse discussioni e incontriamo gli stessi problemi forse allora ci dovremmo fare due domande.
Per questo voglio rettificare la mia affermazione da: “nella relazione per vedere se “funziona” bisogna pesare quanto “bene” e quanto “male” ci sta” a “ nella relazione per vedere se “funziona” bisogna osservare la qualità del benessere e del malessere, la profondità di questi due stati, soprattutto del “male” poiché se la qualità di questo male è produttiva, funzionale alla crescita di noi stessi allora potremmo ridenominarla in “bene”.
Questo vale anche per la qualità del benessere, perché stiamo bene? Perché ci fa sentire importanti? Perché cosi non ci sentiamo soli? Qual’è il vero motivo per il quale sono felice di stare in una relazione con questa persona? Molto spesso anche delle affermazioni, apparentemente felici, posso nascondere un ombra scaltra, dei bisogni, dei traumi; se io sono felice di stare in una relazione perché cosi non mi sento sola, allora questa relazione nasce da un bisogno e da una mancanza, se sono felice di una relazione perché mi fa sentire amata e importante, anche qui tutto nasce da una mancanza di amore per se stessi, che l’altro colma debolmente.
Chiediamoci cos’è che mi fa rimanere qui?
Cosa prendo? Cosa do?
Perché mi fa stare bene?
Come mi fa stare bene?

 

Maya.S.

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